Proposta Radicale 23 2024
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Il cardinale mi ha chiamato 

Il cardinale mi ha chiamato 

di don Alberto Prunas-Tola

Facendo seguito al precedente articolo, nel quale spiegavo i motivi della mia adesione sostanziale all’iniziativa degli otto referendum, indetti dal P. Radicale e la cui raccolta di firme è in corso già nell’ambito della campagna per il “no” al referendum, provo a rispondere ad alcune obiezioni.

1) Vi è un›obiezione di parte marxiana, che accusa tale iniziativa di «non battere in testa» ai nodi strutturali del sistema. Nessuno degli otto referendum – si dice – riguarda direttamente la struttura economica (cioè, i rapporti di produzione nel sistema capitalistico). Rispondo che con gli otto referendum si fa breccia contro la mentalità autoritaristica che sta alla radice, sottende e cristallizza il sistema capitalistico. E non si fa del velleitarismo contro una generica mentalità; ma si individuano settori e norme ben precise dove tale mentalità si è coagulata (pensiamo alle numerose norme del codice Rocco, pensiamo al codice militare di pace ecc.). E risponderei ancora – con il grande eretico marxista Bloch – che sarebbe grave errore non tener conto degli apporti storici irreversibili dell’illuminismo con la rivendicazione dei diritti civili. In altre parole, l’affermazione dei diritti della persona fa parte del patrimonio civile definitivamente acquisito. E ciò non è poco per il marxismo.

2) Una seconda obiezione riguarda la strumentalizzazione che del referendum viene fatta dai partiti politici. Tale obiezione trova conferma nell’esperienza che stiamo vivendo relativamente al referendum del 12 maggio.

Rispondo che la strumentalizzazione che potrà aver luogo in occasione degli otto referendum trova dei limiti ben precisi nel fatto che gli otto referendum e l’iniziativa che li promuove presuppongono una chiarissima scelta partecipativa e antiautoritaria. Temibili che siano le segreterie dei partiti o dei sindacati, nessun gruppo illiberale e autoritario potrà mai sottoscrivere questa iniziativa.

3) Alcuni obiettano che tale iniziativa è un’ingenuità politica, perché con estrema difficoltà si potrà raggiungere il numero di 500.000 proponenti, e perché – anche ove ciò avvenisse – i gruppi politici cercherebbero degli accordi in modo tale da non rendere più proponibili i referendum.

Rispondo in primo luogo che questa iniziativa ha avuto un immediato precedente nel 1971, per iniziativa del gruppo di magistrati di “magistratura democratica”, quando furono raccolte ben 300.000 firme (ed erano mesi estivi, e all’ultimo i sindacati ritirarono l’adesione, e l’organizzazione era minima) per l’abrogazione dei reati antisindacali e di opinione.

Inoltre, rimane il fatto che, se il numero necessario di firme sarà raggiunto, i gruppi politici si daranno da fare seriamente – anche se riusciranno ad evitare il referendum – nel senso richiesto da oltre mezzo milione di cittadini; e se il numero di firme non sarà raggiunto, tale iniziativa sarà valsa a coscentizzare molte persone relativamente a una grave impostazione autoritaria del nostro apparato statuale. Solo perseverando nelle proprie convinzioni, e lottando per tenerle vive, si raggiungono – a tempi più o meno lunghi – risultati tangibili.

Alcune mie riserve.

Nell’ottavo referendum – norme del Codice penale Rocco e aborto – si propone la depenalizzazione dell’aborto di donna consenziente e dell’aborto procuratosi dalla donna.

Per me non c’è dubbio che l’aborto è l’eliminazione di una vita radicalmente e dinamicamente umana. Pertanto voterò sì all’ottavo referendum solo nel caso che sia preparata contemporaneamente una regolamentazione di parziale depenalizzazione che ribadisce anche per l’aborto il principio fondamentale del diritto alla vita per chiunque – anche i più piccoli e i più indifesi, che non hanno ancora visto la luce -, e si istituiscano centri di informazione e consultazione seria, gratuita, popolare, orientata alla vita (oltre a tutta l’assistenza medica possibile e gratuita – e senza perdita del posto di lavoro e della buona fama – per ogni donna incinta).

L’Arcivescovo cardinale Pellegrino mi ha chiamato, dopo il precedente articolo sul Mondo, perché gli spiegasse meglio la mia posizione – in particolare relativamente all’aborto, e relativamente alla collaborazione alla pagina LID del Mondo -, e per dirmi che personalmente non condivideva la mia adesione all’iniziativa degli otto referendum. Ho spiegato le motivazioni di fondo della mia posizione, ho precisato le mie riserve e i limiti della mia collaborazione, che non coinvolge l’impostazione fondamentale della LID.

Avrei voluto incidere il nostro colloquio, per mostrare un esempio di come un vescovo può rivolgersi a un suo sacerdote, mostrandogli perplessità e anche discordanze di vedute, in un clima di lealtà, di confronto di idee, di libertà responsabile.

(9 maggio 1974)

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